martedì 13 febbraio 2007

... di tecnologia (e di Hardware Upgrade) con Paolo Corsini

La tecnologia informatica è utile. Aiuta a vivere meglio. Quindi la si apprezza. Ma c’è anche chi con l’informatica si guadagna da vivere. Aiuta a vivere. C’è, infine, chi ama la tecnologia e l’informatica, e che come il filatelico più meticoloso, esperto e appassionato, ne segue l’evoluzione e ne commenta le vicende finanziarie, economiche, tecniche e sociali.


Un sito che si occupa di tecnologia (e di tecnologia applicata all’informatica in particolare), quindi, si trova nelle condizioni di dover aiutare, illustrare, confrontare, consigliare, orientare un vasto ed eterogeneo pubblico. A questo punto si possono prendere due decisioni, entrambe lecite e condivisibili: o ci si specializza negli argomenti e nel tenore degli articoli oppure si scade in una sorta di chiacchiericcio con un rumore di fondo che ha qualcosa a che vedere con quelle scatole con mouse e tastiera.


La scelta più difficile e rischiosa è quella di procedere nel mezzo, in equilibrio tra informazione tecnica e costume, con un occhio ai tecnomani e uno ai curiosi. Questa è la scelta che mi sembra abbia compiuto www.hwupgrade.it, il sito italiano sulla tecnologia come esso stesso si presenta nel suo pay off. E di questi aspetti parliamo con il suo fondatore e direttore, Paolo Corsini.


Buongiorno Paolo, la storia della nascita e sviluppo della tua creatura è ben documentata nel sito stesso. Ma una domanda che viene naturale porsi di fronte a iniziative di successo come questa è la seguente: credi che il tuo progetto sia nato al momento giusto, cioè la fine degli anni ’90, terreno fertile per lo sviluppo di iniziative legate alla rete che allora andava diffondendosi pur non essendo ingolfata da mille voci più o meno autorevoli, oppure che, anche oggi, sia possibile strutturare nuove idee nel campo della divulgazione informatica?


Se è stato il momento giusto, di certo questo è avvenuto inconsapevolmente: Hardware Upgrade è nato per passione e non di certo per spirito imprenditoriale. Detto questo, credo che la bellezza del web sia quella di dare spazio a chiunque abbia la volontà di sviluppare un proprio progetto; se alla fine degli anni ’90 gli spazi erano decisamente maggiori in quanto erano pochi i siti, d’altro canto gli strumenti a disposizione erano molto limitati. Quest’oggi è più semplice in termini di strumenti, ma ben più complicato promuovere e far crescere “dal basso” una propria proposta informativa on line.


Gli spazi ci sono: ho più l’impressione che si voglia ottenere subito un risultato che richiede tempo prima di arrivare.


È possibile avere qualche numero sulla realtà di hwupgrade: visitatori, pagine, news pubblicate, personale e risorse impiegate?


Rendiamo pubblici i dati di traffico mensili di Hardware Upgrade, come rilevati da Google Analytics a questo indirizzo.

In sintesi: 1,8 milioni di utenti unici e 24 milioni di pagine a Gennaio 2007. Notizie pubblicate: una media di 350 al mese; per gli articoli cerchiamo di mantenere la media di 1 al giorno durante i giorni infrasettimanali ma nei prossimi mesi alcune novità strutturali che implementeremo porteranno ad un aumento del numero di articoli pubblicati ogni settimana.

A questo si aggiungono i post del forum, generati dalla community (che sono oltre 15.000 al giorno in media) e i download della sezione software.

Struttura: in redazione lavoriamo in 7 a tempo pieno, ai quali si affiancano 3 freelance esterni che seguono alcune sezioni verticali. Da non dimenticare i moderatori, appassionati che volontariamente aiutano a gestire il forum di discussione.


La tecnologia, segnatamente quella informatica e digitale, si sta espandendo in direzioni sempre più variegate, prendendo possesso dell’anima di apparecchi già esistenti da anni, ma che in principio erano quasi esclusivamente meccanici: telefonia mobile, macchine fotografiche, elettrodomestici, televisori, lettori musicali, cornici fotografiche. Sono in atto cambiamenti del costume dovuti a questa invasione digitale? Le masse stanno imparando a convivere con queste tecnologie che innovano, se non nelle idee, di certo nelle funzioni offerte?


È indubbio che la tecnologia abbia invaso la vita di ognuno di noi in modo massiccio: basti osservare la diffusione dei lettori MP3 nelle mani di persone tradizionalmente lontane da dispositivi elettronici, per non parlare dei telefoni cellulari che, quantomeno in Italia, sono equiparati purtroppo ai bisogni primari.


I cambiamenti di costume sono particolarmente evidenti, e non solo tra gli addetti ai lavori. Qualche giorno fa, durante una pausa caffè in redazione, discutevo con un mio collega di come il nostro approccio alla rete abbia così tanto cambiato il nostro modo di essere da farci ritenere impensabile vivere in un’abitazione non coperta da banda larga, ora che vi siamo abituati: è un esempio di come la possibilità di accedere alla tecnologia influenzi in modo molto forte decisioni importanti della nostra vita quotidiana.


Se abbiamo bisogno di un’informazione la cerchiamo online, non altrove, e questo è sempre più vero per un ampio bacino di persone che non sono identificate nello stereotipo dell’appasionato d’informatica. La direzione è quindi chiaramente segnata, con però a mio avviso il serio rischio di una “spersonalizzazione” dei rapporti interpersonali. Un esempio pratico sono i rapporti virtuali che ognuno di noi detiene, per un ampio bacino di utenti, soprattutto giovani, in numero ben superiore a quelli reali con le persone che s’incontrano ogni giorno. La tecnologia è funzionale all’ottenimento di un risultato ma in alcuni contesti può diventare mezzo e fine allo stesso tempo, un errore nel quale è bene non cadere.


Tecnologia significa business ma anche enterainment, affari ma anche divertimento per dirla all’italiana (anche se in maniera un po’ imprecisa): quanto è importante la componente ludica (animazioni, piacevolezza delle interfacce, funzioni di svago) nelle strategie delle componenti industriali dell’universo tecnologico?


Moltissimo, soprattutto ora che la tecnologia sta andando sempre più verso la massa. Se fino a qualche anno fa un prodotto di tecnologia poteva essere considerato per certi versi asettico e freddo, ora il design e l’appeal rivestono un ruolo fondamentale per il successo commerciale di un prodotto tecnologico.


L’esempio più lampante degli ultimi anni è il fenomeno iPod: tecnologicamente un prodotto molto valido ma non privo di difetti, supportato da un design e da una campagna marketing che hanno reso Apple un modello di riferimento. Oggi Ipod è quello che per Sony è stato il Walkman negli anni '80: il marchio di un’azienda che è diventato perfetto sinomino di un prodotto, al punto che il vasto pubblico non sappia bene cosa sia un “lettore MP3 portatile”, ma definisce alla perfezione un iPod.


Le tecnologie e i modi di fruizione alla base di un sito importante come hwupgrade vanno di pari passo con i nuovi strumenti che il web mette a disposizione (feed rss, blog, forum). Da addetto ai lavori, quali altre potenzialità di atomizzazione e personalizzazione dell’informazione metterà a disposizione la rete per l’utente?


Sentiamo molto spesso parlare di Web 2.0, fenomeno che vede gli utenti sempre più come coloro che contribuiscono a creare l’informazione o quantomeno a perfezionarla. Da anni in Hardware Upgrade gli utenti possono discutere attivamente nei forum e commentare ogni articolo che la redazione produce: mi piace pensare che da molto tempo siamo “Web 2.0 compliant” prima che si parlasse di Web 2.0.


Difficile dire cosa ci possa prospettare il futuro in termini di interazione tra realtà on line e fruitori della rete: siamo molto incuriositi e attivamente proiettati verso l’utilizzo di audio e video all’interno del nostro prodotto editoriale ed è in questa direzione che stiamo lavorando da alcuni mesi a questa parte. La bellezza del web è proprio nella sua estrema flessibilità, quindi pronosticare ora quello che potrà essere l’informazione on line tra 2 anni è ben più di una scommessa.


Non può mancare un accenno alla sicurezza. Delle informazioni immagazzinate sui server di mezzo mondo si occupano (in teoria) persone in grado di fronteggiare i temibili attacchi che verranno sferrati da utenti con diverse finalità (esplorative, sportive, criminali). Per la sicurezza dell’utente casalingo, l’anello più sprovveduto della catena, quali strumenti esistono e quali sistemi ti credi in dovere di consigliare?


A parte i vari strumenti hardware e software che il mercato mette a disposizione, uno dei migliori tool antivirus è il buonsenso: evitare di navigare in siti non sicuri, non cliccare sulla prima cosa che appare, utilizzare al meglio antivirus, antispam e quant’altro sia facilmente accessibile permette di aumentare la sicurezza del proprio sistema. E soprattutto pensare che non perché si è collegati da casa e poche ore a settimana non possa capitare di essere oggetto di un’infezione informatica.


Come in molti campi della vita, il buon senso unito ad un po’ d’informazione preventiva anche in questo ambito è la regola maestra.


Non nascondo una mia preferenza per il software open source, almeno filosoficamente, che si sta ritagliando un piccolo ma significativo spazio all’interno della comunità di utenti di computer. Credi che il fenomeno sia destinato a crescere o rimarrà sempre e comunque una scelta personale, faticosa (in termini di facilità d’uso) e elitaria?


Dal punto di vista dell’utenza domestica ritengo che questa resterà una scelta personale e faticosa: i sistemi operativi Open Source a mio avviso troveranno spazio solo in nicchie più o meno ampie. Per quanto riguarda gli applicativi invece no: un esempio pratico è Open Office, ma ve ne sono molti altri.


Passando all’ambito professionale, soprattutto in ambiente server, la diffusione di sistemi Linux è una conferma che questo modello ha sicuramente molto spazio nel mercato. In Hardware Upgrade utilizziamo al momento attuale circa 20 server in server farm per gestire tutta la struttura: sono tutti su base Linux, salvo uno che è Windows in quanto l’applicazione che utilizza è disponibile solo per questo genere di sistemi operativi.


Finale marzulliano: quale domanda ti saresti aspettato e che invece, per tuo sollievo o per tuo dispiacere, non ti ho posto?


Di sapere quale fosse la email più “da utonto” che abbia mai ricevuto in Hardware Upgrade in ormai quasi 10 anni. Una di quelle che mi ha fatto maggiormente ridere è stata quella di un utente che, dopo una sfilza di complimenti per il sito, domandava se fosse vero che sui monitor TFT si formasse la polvere.

La risposta è stata un sibillino: “Sì, se non lo pulisce", e quella email è finita su una parete che in redazione utilizziamo per ricordare le “perle” che ogni tanto arrivano nella nostra mailbox redazionale.


martedì 23 gennaio 2007

...di cinema con Paco Velenero

Non tutti siamo appassionati di cinema. Non in maniera maniacale e morbosa per lo meno. Ma è certo, invece, certissimo, che chiunque di noi ha a che fare tutti i giorni con questa forma di comunicazione che raggiunge alle volte altezze liriche, tecniche e di gusto tale da elevarla ad arte, mentre altre volte è stirata e utilizzata in maniera pop, come pura forma di intrattenimento. Gradazione che non vuole portare alcun tipo di considerazione di merito o di giudizio rigido e stantio, ma che serve a rendere un’idea sulla grande versatilità dimostrata da questo strumento in poco più di un secolo di vita.

Il cinema che abitualmente troviamo più familiare è quello della grande scuola d’oltreoceano: un’industria che dalla ricca New York si spostò, all’inizio del secolo scorso, nell’assolata California alla ricerca della luce naturale fondamentale, allora, per le riprese. Nacquero così gli studios e le grandi sorelle, giunte fino a noi sotto forma di multinazionali dell’intrattenimento di scala mondiale.

Durante tutto il corso del XX secolo e a tutt’oggi, vedo una grande differenza tra le cinematografie europee in generale - ma tratteremo qui del caso italiano - e quella americana: pare che quest’ultima sia più facilmente piegabile ai voleri dell’industria del divertimento, mostrando senza remore, e con un sofisticato progetto in fase di produzione, anche il proprio volto puramente commerciale allo spettatore. E ci riesce benissimo!

Parleremo di questo argomento con Paco Velenero, un nickname da blogger dietro cui si nasconde un regista indipendente di animazione, attivo anche nel campo della post-produzione video, con il quale cercheremo di capire se è vero che esiste un “differenza di fondo” tra la concezione del Cinema del Vecchio e del Nuovo Mondo.

Il cinema può essere arte o intrattenimento: che differenze esistono nella produzione e nell’ideazione di progetti di un tipo o dell’altro in Italia e negli Usa?

Il concetto d'intrattenimento, in Italia, si è ormai totalmente spostato sul mezzo televisivo, con le varie fiction, reality, ecc.; negli USA si lavora su un doppio binario: il cinema è al 99% intrattenimento, ma negli ultimi anni le produzioni televisive sono molto più curate, confezionate con un taglio molto cinematografico.

Per quanto riguarda l'arte, nei film italiani ce n'è davvero poca, ma è solo una questione di numeri: se si distribuiscono 5 film in un anno, è molto improbabile che anche solo uno di essi sia un capolavoro... con una media del genere, in Italia, si vede un film ad alto contenuto artistico ogni 5/6 anni.

Le grandi produzioni hollywoodiane hanno spesso a disposizione grandi capitali. È vero che non sempre ciò potrà essere sinonimo di divertimento durante la visione della pellicola, ma è quasi sempre vero che gli incassi non lasciano (quasi mai) dubbi sulla bontà (finanziari a ed economica) di questo approccio. Avremo grandi alzate di spalle da parte dei critici, ma il numero di spettatori per tali film non può essere confutato. Nel mondo del cinema, così come in molti altri settori produttori di “cultura & spettacolo”, esiste una frattura netta tra critica e pubblico?

Critica e pubblico cercano nel cinema cose diverse… è sempre stato difficile metterli d’accordo. In teoria la critica dovrebbe servire allo spettatore a scegliere cosa vedere ed, eventualmente, ad approfondire spunti proposti da un film. Purtroppo, molta critica italiana scrive di cinema in maniera autoreferenziale ed il pubblico, giustamente, la ignora.

Come in tutti i settori, chiederti quali possano essere le possibilità per un giovane aspirante professionista nel mondo del cinema in Italia per sfondare troverà una risposta scontata. Eppure è spesso nelle difficoltà di movimento che nascono delle (grandi) idee innovative (non citerò il caso del Neorealismo italiano del dopoguerra perché puzza ormai di vecchio). Esistono spinte centrifughe di qualche tipo, oggi, in Italia?

Le spinte centrifughe ci sono e sono tante, ma anche quando un giovane aspirante professionista riesce a trovare i fondi necessari per realizzare il proprio progetto (o, come accade il più delle volte, ad auto-produrselo) deve scontrarsi con un secondo enorme problema: la distribuzione.

I distributori sono ben disposti solo versi i nomi noti e gli incassi sicuri... quindi l'esordiente può sperare nel mercato dell’home video, ma anche in quel caso andrà incontro a diverse difficoltà.

Qualche nome che non sia destinato alla fama dei soli “cineclub”?

Te li dico in ordine di “popolarità già acquisita”: Eros Puglielli, Gionata Zarantonello, Senesi Michele, Piero Cannata.

In Italia pare sempre ci sia la paura di non apparire frivoli: e così Benigni s’ingegna in varie commedie degli equivoci di plautiana memoria oppure maschera la comicità sotto una spinta di denuncia sociale, l’ultimo Villaggio fantozziano ha miscelato in dosi sempre maggiori la malinconia con la sua comicità grottesca, i Vanzina non vanno oltre ai luoghi comuni degli yuppies anni 80. Non è proprio possibile puntare sul divertimento nello stile della commedia leggera (o sofisticata) americana? Perché c’è questa tensione alla “cultura” in Italia (e in Europa più in generale)?

In Italia si fa fatica a mettere in cantiere film leggeri perché i produttori non se la sentono di rischiare in prima persona, così si chiede aiuto allo Stato, che però finanzia solo film a contenuto “culturale” (o presunto tale). Negli USA invece c'è il problema opposto: i film ad alto contenuto culturale vengono realizzati solo negli ambienti indipendenti, con grandissime difficoltà.

Le premiazioni d’oltreoceano, gli Oscar dell’Accademy in primis, prevedono dei premi per i film stranieri: perché tali pellicole sono quasi sempre ad alto contenuto artistico o culturale o autoriale (lo stralunato “Favoloso mondo di Amèlie”, piuttosto che il complesso “Addio mio concubina”), mentre i film americani che “fanno saltare il banco” sono sul modello Titanic o la trasposizione tolkeniana di Jackson?

Beh... partiamo dal presupposto che l'Oscar non è un premio di qualità, ma è solo una manifestazione del cinema mainstream americano che celebra se stesso... i premi ai film stranieri sono solo un espediente per mettere a tacere le coscienze e per dare una parvenza di autorevolezza a tutto quel baraccone luccicante.

In tutti i paesi esiste una cinematografia di sperimentazione che persegue fini comunicativi esasperati, e così sarà di certo anche nel nostro Paese: questo comporta una somiglianza di ogni avanguardia, che può ridursi anche solo nella non godibilità dei progetti da parte di un pubblico di non addetti ai lavori. Ma il “mainstream” italiano, quello che appare tanto diverso dal corrispettivo statunitense, che direzione o aspettative ha per il futuro?

Nessuna aspettativa... il nostro cinema mainstream è fatto dai Vanzina (comico “basso”) e da Verdone (comico “alto”) che non sono esportabili perché non verrebbero capiti; da Michele Placido che è noiosissimo; da Muccino che è andato a girare in America con soldi americani... è ha fatto un film sullo stereotipo del “sogno americano”, farcito di “muccinate”. Tutti gongolano per il successo ottenuto dal suo film, ma tutta questa storia non nobiliterà il cinema americano e nemmeno quello italiano.

Una domanda che esula dal tema della nostra chiacchierata ma che mi ha sempre incuriosito. Al di là delle frasi banali del tipo “il libro è più bello del film” e scongiurando un ostico discorso sulle caratteristiche proprie del mezzo cinematografico, esistono film che non sono stati tratti o ispirati da romanzi o racconti o da vicende reali? Non mi vengono in mente che poche (forse nessuna) sceneggiature originali. E il problema credo non sia certo nella mancanza di artigiani o talenti della scrittura cinematografica. Perché il cinema prende così tanti spunti dalla letteratura, sorella ingombrante e scomoda e dalla quale cerca spesso di prendere le distanze?

Invece il problema è proprio quello: mancano i talenti e gli artigiani della sceneggiatura, ma ancor prima mancano le infrastrutture per formarli e farli crescere… nessuno nasce scrittore per il cinema e non ci si può improvvisare tale. Coppola aveva provato a creare un vivaio di scrittura per il cinema, ma ha avuto mille problemi e, credo, abbia accantonato definitivamente l’idea. Data questa premessa l’industria preferisce spendere soldi per comprare i diritti di un libro di successo, piuttosto che investire per creare storie nuove.

Finale marzulliano: quale domanda ti saresti aspettato e che invece, per tuo sollievo o per tuo dispiacere, non ti ho posto?

Per mio sollievo non mi hai chiesto di identificarmi esplicitamente... preferisco mantenere il semi-anonimato.


lunedì 15 gennaio 2007

Disclaimer

Questo è un blog. Come tanti altri. E come (quasi) tutti i blog nasce da un moto di superbia dell’io dell’autore. Che crede di avere da dire qualcosa per cui altre persone possano provare interesse. Follia pura.

Conscio di questa follia, ho deciso di chiedere aiuto a un collaboratore, a un assistente al quale appoggiarmi, a un informatore diverso per ogni argomento trattato.

Tecnicamente, il metodo scelto per mettere in pratica quest’idea è la forma-intervista: attraverso di essa è possibile chiacchierare degli argomenti più diversi con qualcuno che abbia una reale conoscenza della materia in esame. Il tutto, ovviamente, filtrato attraverso la mia curiosità, cioè attraverso le mie domande (strumento che nessuno, spero, possa ancora ritenere
neutrale).

Perché a me interessa, pur se a gradazioni diverse, qualsiasi argomento. E perché resto convinto che un blog, al di là di tutte le definizioni tentate per descriverlo e incasellarlo in un genere letterario stabilito, possa essere declinato in migliaia di forme, ma con il decisivo elemento dell’auto-referenzialità. Altrimenti è semplicemente un’altra cosa...

Ringrazio in anticipo coloro che vorranno aiutarmi (e aiutarsi) a soddisfare le mie curiosità: chissà che le domande poste non siano fonte di riflessione personale, oltre che per me stesso, anche per coloro ai quali le rivolgerò e a chi le leggerà.