martedì 23 gennaio 2007

...di cinema con Paco Velenero

Non tutti siamo appassionati di cinema. Non in maniera maniacale e morbosa per lo meno. Ma è certo, invece, certissimo, che chiunque di noi ha a che fare tutti i giorni con questa forma di comunicazione che raggiunge alle volte altezze liriche, tecniche e di gusto tale da elevarla ad arte, mentre altre volte è stirata e utilizzata in maniera pop, come pura forma di intrattenimento. Gradazione che non vuole portare alcun tipo di considerazione di merito o di giudizio rigido e stantio, ma che serve a rendere un’idea sulla grande versatilità dimostrata da questo strumento in poco più di un secolo di vita.

Il cinema che abitualmente troviamo più familiare è quello della grande scuola d’oltreoceano: un’industria che dalla ricca New York si spostò, all’inizio del secolo scorso, nell’assolata California alla ricerca della luce naturale fondamentale, allora, per le riprese. Nacquero così gli studios e le grandi sorelle, giunte fino a noi sotto forma di multinazionali dell’intrattenimento di scala mondiale.

Durante tutto il corso del XX secolo e a tutt’oggi, vedo una grande differenza tra le cinematografie europee in generale - ma tratteremo qui del caso italiano - e quella americana: pare che quest’ultima sia più facilmente piegabile ai voleri dell’industria del divertimento, mostrando senza remore, e con un sofisticato progetto in fase di produzione, anche il proprio volto puramente commerciale allo spettatore. E ci riesce benissimo!

Parleremo di questo argomento con Paco Velenero, un nickname da blogger dietro cui si nasconde un regista indipendente di animazione, attivo anche nel campo della post-produzione video, con il quale cercheremo di capire se è vero che esiste un “differenza di fondo” tra la concezione del Cinema del Vecchio e del Nuovo Mondo.

Il cinema può essere arte o intrattenimento: che differenze esistono nella produzione e nell’ideazione di progetti di un tipo o dell’altro in Italia e negli Usa?

Il concetto d'intrattenimento, in Italia, si è ormai totalmente spostato sul mezzo televisivo, con le varie fiction, reality, ecc.; negli USA si lavora su un doppio binario: il cinema è al 99% intrattenimento, ma negli ultimi anni le produzioni televisive sono molto più curate, confezionate con un taglio molto cinematografico.

Per quanto riguarda l'arte, nei film italiani ce n'è davvero poca, ma è solo una questione di numeri: se si distribuiscono 5 film in un anno, è molto improbabile che anche solo uno di essi sia un capolavoro... con una media del genere, in Italia, si vede un film ad alto contenuto artistico ogni 5/6 anni.

Le grandi produzioni hollywoodiane hanno spesso a disposizione grandi capitali. È vero che non sempre ciò potrà essere sinonimo di divertimento durante la visione della pellicola, ma è quasi sempre vero che gli incassi non lasciano (quasi mai) dubbi sulla bontà (finanziari a ed economica) di questo approccio. Avremo grandi alzate di spalle da parte dei critici, ma il numero di spettatori per tali film non può essere confutato. Nel mondo del cinema, così come in molti altri settori produttori di “cultura & spettacolo”, esiste una frattura netta tra critica e pubblico?

Critica e pubblico cercano nel cinema cose diverse… è sempre stato difficile metterli d’accordo. In teoria la critica dovrebbe servire allo spettatore a scegliere cosa vedere ed, eventualmente, ad approfondire spunti proposti da un film. Purtroppo, molta critica italiana scrive di cinema in maniera autoreferenziale ed il pubblico, giustamente, la ignora.

Come in tutti i settori, chiederti quali possano essere le possibilità per un giovane aspirante professionista nel mondo del cinema in Italia per sfondare troverà una risposta scontata. Eppure è spesso nelle difficoltà di movimento che nascono delle (grandi) idee innovative (non citerò il caso del Neorealismo italiano del dopoguerra perché puzza ormai di vecchio). Esistono spinte centrifughe di qualche tipo, oggi, in Italia?

Le spinte centrifughe ci sono e sono tante, ma anche quando un giovane aspirante professionista riesce a trovare i fondi necessari per realizzare il proprio progetto (o, come accade il più delle volte, ad auto-produrselo) deve scontrarsi con un secondo enorme problema: la distribuzione.

I distributori sono ben disposti solo versi i nomi noti e gli incassi sicuri... quindi l'esordiente può sperare nel mercato dell’home video, ma anche in quel caso andrà incontro a diverse difficoltà.

Qualche nome che non sia destinato alla fama dei soli “cineclub”?

Te li dico in ordine di “popolarità già acquisita”: Eros Puglielli, Gionata Zarantonello, Senesi Michele, Piero Cannata.

In Italia pare sempre ci sia la paura di non apparire frivoli: e così Benigni s’ingegna in varie commedie degli equivoci di plautiana memoria oppure maschera la comicità sotto una spinta di denuncia sociale, l’ultimo Villaggio fantozziano ha miscelato in dosi sempre maggiori la malinconia con la sua comicità grottesca, i Vanzina non vanno oltre ai luoghi comuni degli yuppies anni 80. Non è proprio possibile puntare sul divertimento nello stile della commedia leggera (o sofisticata) americana? Perché c’è questa tensione alla “cultura” in Italia (e in Europa più in generale)?

In Italia si fa fatica a mettere in cantiere film leggeri perché i produttori non se la sentono di rischiare in prima persona, così si chiede aiuto allo Stato, che però finanzia solo film a contenuto “culturale” (o presunto tale). Negli USA invece c'è il problema opposto: i film ad alto contenuto culturale vengono realizzati solo negli ambienti indipendenti, con grandissime difficoltà.

Le premiazioni d’oltreoceano, gli Oscar dell’Accademy in primis, prevedono dei premi per i film stranieri: perché tali pellicole sono quasi sempre ad alto contenuto artistico o culturale o autoriale (lo stralunato “Favoloso mondo di Amèlie”, piuttosto che il complesso “Addio mio concubina”), mentre i film americani che “fanno saltare il banco” sono sul modello Titanic o la trasposizione tolkeniana di Jackson?

Beh... partiamo dal presupposto che l'Oscar non è un premio di qualità, ma è solo una manifestazione del cinema mainstream americano che celebra se stesso... i premi ai film stranieri sono solo un espediente per mettere a tacere le coscienze e per dare una parvenza di autorevolezza a tutto quel baraccone luccicante.

In tutti i paesi esiste una cinematografia di sperimentazione che persegue fini comunicativi esasperati, e così sarà di certo anche nel nostro Paese: questo comporta una somiglianza di ogni avanguardia, che può ridursi anche solo nella non godibilità dei progetti da parte di un pubblico di non addetti ai lavori. Ma il “mainstream” italiano, quello che appare tanto diverso dal corrispettivo statunitense, che direzione o aspettative ha per il futuro?

Nessuna aspettativa... il nostro cinema mainstream è fatto dai Vanzina (comico “basso”) e da Verdone (comico “alto”) che non sono esportabili perché non verrebbero capiti; da Michele Placido che è noiosissimo; da Muccino che è andato a girare in America con soldi americani... è ha fatto un film sullo stereotipo del “sogno americano”, farcito di “muccinate”. Tutti gongolano per il successo ottenuto dal suo film, ma tutta questa storia non nobiliterà il cinema americano e nemmeno quello italiano.

Una domanda che esula dal tema della nostra chiacchierata ma che mi ha sempre incuriosito. Al di là delle frasi banali del tipo “il libro è più bello del film” e scongiurando un ostico discorso sulle caratteristiche proprie del mezzo cinematografico, esistono film che non sono stati tratti o ispirati da romanzi o racconti o da vicende reali? Non mi vengono in mente che poche (forse nessuna) sceneggiature originali. E il problema credo non sia certo nella mancanza di artigiani o talenti della scrittura cinematografica. Perché il cinema prende così tanti spunti dalla letteratura, sorella ingombrante e scomoda e dalla quale cerca spesso di prendere le distanze?

Invece il problema è proprio quello: mancano i talenti e gli artigiani della sceneggiatura, ma ancor prima mancano le infrastrutture per formarli e farli crescere… nessuno nasce scrittore per il cinema e non ci si può improvvisare tale. Coppola aveva provato a creare un vivaio di scrittura per il cinema, ma ha avuto mille problemi e, credo, abbia accantonato definitivamente l’idea. Data questa premessa l’industria preferisce spendere soldi per comprare i diritti di un libro di successo, piuttosto che investire per creare storie nuove.

Finale marzulliano: quale domanda ti saresti aspettato e che invece, per tuo sollievo o per tuo dispiacere, non ti ho posto?

Per mio sollievo non mi hai chiesto di identificarmi esplicitamente... preferisco mantenere il semi-anonimato.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Well written article.